domenica 23 settembre 2007

Giovedì, 20. Settembre 2007 Stronzo = Calo di Produttività
By Hagar, 20:34

Siccome siamo alla Hagar Business School, possiamo sfidare l’impopolarità anche noi, come Robert Sutton, professore di management della Stanford Engineering School, che ha di recente pubblicato un libro intitolato: "Il Metodo antistronzi".

Mi piacerebbe averlo come collega questo Sutton! Ha testa, cuore, coraggio... Un vero manager.

Io dico che non solo la produttività di un dipendente sotto mobbing cala del 70% (come sostiene Sutton), ma che un intero reparto va a puttane se capitanato da un dirigente “stronzo”. Pensate a cosa può significare per un’azienda avere uno stronzo a capo dell’ente commerciale, ad esempio, o dell’ingegneria, o del service, o del material management… Ognuno di questi reparti è vitale, talmente vitale che basta un solo stronzo per far sì che l’azienda cominci ad imbarcare acqua da tutte le parti. Non solo il reparto dello stronzo ne risentirà, ma tutta l'azienda. E il calo di produttività non sarà solo da parte dei dipendenti mobbizzati, ma anche degli altri, chi più, chi meno.

Il mobbing è un segnale chiaro che qualcosa non va in quel reparto capitanato da quel manager. E allora si dovrebbe approfondire la cosa, per il bene dell’azienda, e non permettere che quel dirigente faccia terra bruciata dei talenti migliori solo perché, magari, esercitano il loro senso critico (senso critico significa mettere al servizio dell'azienda la propria testa e non solo le proprie braccia). Men che mai si dovrebbe permettere che tale eliminazione avvenga in perfetto stile mafioso, come invece accade il più delle volte. Dove sono le Risorse Umane? E chi lo sa! Ma so per certo cosa dovrebbero fare in quell'ente, e cosa invece fanno, e perciò ne parleremo a fondo a suo tempo. Oggi no, però. Oggi la lezione è dedicata agli stronzi, e con tanto di articolo di Repubblica Web riportato a fondo pagina.

Il calo della produttività, a fronte di uno stronzo, è sempre generale. E lo potrei dimostrare in mille modi. Non è legato solo al reparto capitanato dallo stronzo, ma a tutti i reparti, cioè all'intera azienda. Quando, poi, una persona usa la viltà (esercitare il mobbing su una persona che non può difendersi è quanto di più ignobile si possa fare al lavoro) per risolvere questioni scomode (scomode a lui, però, perché magari quel dipendente ha sempre fatto guadagnare milioni di euro all'azienda e lanciato business straordinari e prima di allora inimmaginabili), allora dovrebbe avere la decenza, quando torna a casa a fare il bravo maritino e il perfetto papà, di dire a tavola che di mestiere lui non fa il dirigente, ma lo Stronzo, e di quelli con la S maiuscola.

Questi stronzi sono, il più delle volte, dei perfetti incapaci su tutti i fronti. Io li definisco sempre "gli scalatori di montagna con la funicolare". Creano danni di milioni di euro all'azienda, passano le giornate a schignazzare felici per i corridoi, e mai che qualcuno li schiodi da dove stanno. Sono incollati alle loro poltrone, come e peggio degli onorevoli in Parlamento.

Mi piace che ora si stia cominciando a dire come stanno veramente le cose nelle aziende, anche se la voce della verità, come sempre, viene da molto lontano. Mi piacerebbe ancora di più se la famosa carta dei valori, di cui si parla anche nell'articolo che vi propongo sotto (“codice di correttezza interna”), cominciasse davvero ad essere fatta rispettare da tutti, nessuno escluso.

E’ un fatto di civiltà per me.

E a chi è abituato a guardare solo il business, dico che è anche un fatto di competitività. Di immagine nel mercato. Di costi e di fatturati (così forse mi capisce meglio…).

In Italia, però, triste a dirsi, siamo ancora nella fase ascendente del fenomeno "mobbing = stronzi = perdita economica secca = danno per l'azienda". Un Paese come il nostro non potrà mai fare scuola su questo tema. E infatti non ci pensiamo affatto a fare scuola, rimanendo addirittura fermi ad una normativa che dice che “il mobbing NON è reato penale” (seguirà a breve un post in merito su La Taverna dei Pensieri), e che al massimo si può chiedere un risarcimento in sede civile.

Quindi, l’insegnamento di oggi è:

1. Non siate stronzi, perché ne vale del vostro onore.

2. Non unitevi mai ai capi e ai colleghi che mobbizzano il vostro vicino di scrivania, perché è un gesto ignobile quanto il mobbing stesso.

3. Se siete in alto, molto in alto in azienda, cacciate a pedate i dirigenti che esercitano il mobbing. Prima capite perché lo fanno, lasciateli godere per un po’, e nel frattempo cercate di conoscete a fondo le persone che lo stanno subendo. Capite chi, fra il mobbizzato e il mobbizzatore, è "il vero dipendente dell’azienda”, che stava lavorando per il bene dell’impresa e degli altri, e non per il suo soltanto. Infine prendete una decisione secca, di quelle che fanno tremare i muri, e che il vostro nome risuoni alto per tutta l’azienda come il nome di un vero grande manager, del quale fidarsi ciecamente, tutti. A distanza di 6 mesi / 1 anno ricalcolate la produttività di quel reparto capitanato dal dirigente stronzo di cui vi siete poi liberati, e stupitevi voi stessi di quanto grande è il ritorno in termini di produttività per chi investe in civiltà prima ancora che sul resto. Anche in azienda. Parola di Hagar!

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giovedì 6 settembre 2007

Pacchetto sicurezza

A proposito del pacchetto sicurezza ,vorrei dire che se la sinistra non interviene in modo esemplare si rischia di far cadere le città in mano alla delinquenza.
Bisogna essere in grado di riconoscere e rispettare chi vive nella legalità ed essere duri con chi infrange le regole, non possiamo permetterci di pensare che l'integrazione degli immigrati possa avvenire a scapito dei cittadini onesti , l'integrazione deve avvenire attraverso il lavoro regolamentato . Punire in modo esemplare anche gli imprenditori che approfittano di queste situazioni di disagio per arricchirsi ulteriormente.
Sarebbe poi un bell'esempio di democrazia da far digerire alla destra che per cinque anni non ha saputo controllare la clandestinità.

giovedì 12 luglio 2007

Giovedì, 12. Luglio 2007 Lavoratori! NON schiavi
By Hagar, 13:29

Ho trovato un bel post in rete e che mi riguarda. Si trova QUI. L'autore del pezzo si chiama Helga e il sito IlTuoCoach.com. Di più al momento non so.

Cara Helga, condivido in pieno i tuoi commenti in fondo al post, ma ti assicuro di una cosa: Io non sono una che si propone pensando (come hai scritto tu) che Tanto prima o poi una che me la dà (ops si può dire qui?) la trovo.

Ed è talmente vero che io non mi prostituisco neanche nel lavoro che quando mi hanno offerto di darmi 2 lire per una grandissima scopata con me - e cioè creargli il marketing da zero o riorganizzargli mezza azienda - mi sono alzata e me ne sono andata. Nel lavoro c'è una componente mentale di amore e sesso, lo sai meglio di me (sesso e amore intesi al livello incoscio, mentale, di pathos in quello che si dovrà fare insieme), ma io sono un tipo piuttosto esigente in questo.

Accettare (lavorativamente parlando) di essere "scopata" (nel mio blog non ho problemi di linguaggio, perciò posso esprimermi come voglio) per due soldi vorrebbe dire diventare una battona grossa e brutta che si mette all'angolo della strada a rimorchiare chiunque le dia un tozzo di pane, per sè e per i propri bambini, magari. Queste donne sono SCHIAVE e giuro che se potessi le libererei tutte e subito. Hagar è stata già schiava una volta nella sua vita, ed è finita sbattuta a calci nel deserto, con solo un pezzo di pane e un otre d'acqua per campare. Ora, però, Hagar è una donna libera. Se morirà nel deserto... pazienza, ma morirà da donna libera. Vedi, Helga, gli imprenditori italiani e i dirigenti da 200 mila euro l'anno (a loro, chissà perché non hanno tranciato gli stipendi... Per non parlare degli AD assunti per risanare le aziende e che per prima cosa si triplicano la paga e la buona uscita e poi massacrano ancora di più l'impresa, fino a farla chiudere) pensano che ormai è stato accettato da tutti che il lavoro è schiavitù. E questo a qualunque livello. Io voglio essere la testimonianza vivente del fatto che NON lo abbiamo accettato affatto, ma proprio per niente, perché vorrebbe dire NON vivere, ma sopravvivere e basta. Per me nessun lavoratore, a nessun livello, dovrebbe percepire uno stipendio che non gli consenta di vivere dignitosamente e da solo (non a casa di mammà e chiedendo ogni due e tre soldi a papà), perciò figurati se posso accettare che i lavoratori siano stati tutti messi dentro un unico calderone di schiavi da sfruttare e sbattere fuori a calci quando cavolo gli pare e piace a loro. Ecco, finché abiterò su questa terra ho deciso che sarò una puttana di lusso lavorativamente parlando, cioè so quanto vale la mia testa e quanto vale il mio cuore, so quanto amore ci metto nelle cose che faccio, dando tutta me stessa, e quindi chi vuole questo da me non può minimamente pensare di prenderselo a 2 lire. Perché se chi mi sta davanti pensa comunque di offrirmi lavori molto delicati e di grande responsabilità... ma aggratis... (a parte quello di operatore di call center, ovviamente) allora vuol dire che in me c'è tutta la potenzialità per costruirmi qualcosa da sola, con le mie sole forze (e di chi vorrà aiutarmi) e che NESSUNO al mondo potrà più portarmi via, cosa che invece è successa nell'azienda per la quale lavoravo.

E adesso andiamo alla Soluzione da te proposta per punti:

- Diventare Responsabile del Marketing di te stesso: FATTO.

1. Acutezza sensoriale. (cosa davvero cercano le aziende...): NO. Le ho saltate. Come docente della Hagar Business School insegnerò che per riuscire ad avere successo (in Italia) è fondamentale saltare tutte le muraglie che esistono e che tutti conosciamo bene. Le aziende assumono tramite società di selezione e queste gli rifilano chi dicono loro. Se usano gli head hunter... peggio ancora in Italia, perché questi si cuccano la parcella dall'azienda e dal cliente che li paga profumatamente perché gli trovi un lavoro. Prendono la percentuale sul valore contrattuale dei clienti assunti, lo sai? Il che vuol dire che piazzare Patrizia può essere un mega-affare per un'azienda ma non per una società di head-hunting in Italia, che non risponde affatto delle scelte fatte. Quindi saltare la distribuzione (in tutti i settori), saltare tutti coloro che fanno "intermediazione" (a qualunque titolo) e comporre la catena del valore da soli. Poi, chi vuole è il benvenuto, ma a questo punto saremo noi a dettare le regole. E le regole della partnership saranno quelle del VALORE e del Merito riconosciuto a tutti i soci. Saranno quelle dell'Economia Sana in cui tanto credo e soprattutto della divisione dei premi (in denaro e non) secondo il reale apporto di valore di ciascuno. Oggi, per farti un esempio, uno scrittore prende il 6% di un libro scritto da lui, mentre il 94% se lo cuccano tutti gli altri anelli della catena e che a mio avviso non apportano affatto un valore degno di quella percentuale. Lo stesso dicasi nel campo dell'agricoltura (pensa a quanto prendono i contadini per ogni chilo di pomodori o frutta...), ma anche delle aziende tutte ormai. Perciò la catena del valore va rivista da zero. Si costruiscono tutti gli anelli, da soli, e poi si agganciano i partners: persone serie, di valore e con i controcoglioni.

2. Creatività. SEMPRE. E' da quando sono nata che creo cose nuove, perciò senz'altro sono d'accordo con te. Il libro è creatività. La concezione di un'assistenza tecnica completamente diversa da quella che c'era fino a quel momento è creatività. La mia raccolte di poesie è creatività. L'Hagar Business School è creatività. Anche La Voce di Hagar è creatività. Gli ingegneri, infatti, sono veri ingegneri solo quando possono mettere in campo la loro creatività, altrimenti sono sottoutilizzati, per definizione.

3. Flessibilità. Non sono d'accordo con te sul concetto di "adattamento". Credo che chi l'ha dura la vince. Credo che adattarsi sia il primo passo verso lo scivolo nella peggiore delle infelicità. E penso anche che la vita sia una cosa strana, nel senso che se vede che tu non molli mai, neanche quando ti senti disperata come mai prima di allora, alla fine si scoccia e va a rompere le scatole a qualcun altro. Nella mia scuola una delle regole è: "Crederci sempre. Arrendersi MAI".

4. Strategia. Purtroppo il coinvolgimento emotivo via curriculum è una cosa che valeva tanto tempo fa, quando gli spedizionieri di CV non erano milioni. Oggi le aziende non hanno più neanche modo e voglia di archiviarli, talmente tanti gliene arrivano tutti i giorni. Perciò strategia, ma quella nuova. Quella della "propria porta", del farsi conoscere per intero, per quello che si è, e in questo internet aiuta moltissimo. Che i datori di lavoro ti conoscano come persona e come professionista, ma prima come persona. Che sappiano subito che tu sei un tipo bravo, onesto e che ci metti il cuore in quello che fai. Che non pensino che il tuo blog sia una vetrina alla Amsterdam, dove ci si tira un po' giù il reggiseno per piacere di più. Proprio no. Questo permetterà di avere contatti stupendi, umani e professionali, e solo con le persone che intendono la vita e il lavoro come lo intendi tu. Di sicuro hai perfettamente ragione tu quando dici che a 300 CV spediti senza esito dovevo fermarmi. Ma sapessi quanto mi è servito mandarne 8000...!

Benvenuta a casa Hagar, Helga. Quando vuoi sappi che sarò felicissima di confrontarmi con te su cos'è Marketing e Strategia. Su tutto.

Un abbraccio e grazie per il post.

Hagar

venerdì 6 luglio 2007

Previdenza complementare

Tfr: tassazione a confronto

Conviene lasciare il tfr in azienda o scegliere la previdenza integrativa?

Con l’avvicinarsi del 30 giugno si moltiplicano le dichiarazioni, gli inviti, le pubblicità sulla previdenza complementare, ma cresce anche l’incertezza dei lavoratori sulla destinazione del Tfr: meglio lasciarlo in azienda o scegliere i Fondi?
CONSULENZALAVORO.com, per aiutarvi ad avere un quadro più preciso delle possibilità, vi sottopone un semplice prospetto che consente di valutare la tassazione cui è sottoposto il tfr in entrambi i casi.

Tassazione del tfr futuro
- Tfr in azienda: in questo caso il tfr non costituisce imponibile
- Previdenza complementare: in questo caso il tfr non costituisce imponibile

Deducibilità dei contributi (del datore di lavoro e del dipendente)
- Tfr in azienda: per i versamenti alla previdenza privata si possono dedurre un massimo di 5.164,57 euro all’anno
- Previdenza complementare: per i versamenti alla previdenza integrativa si possono dedurre un massimo di 5.164,57 euro all’anno

Imposta sui rendimenti del capitale
- Tfr in azienda: i rendimenti del capitale prima del raggiungimento della pensione subiscono una tassazione pari all’11%, mentre al raggiungimento dell’età pensionabile il lavoratore percepisce l’intero capitale derivante dal rendimento
- Previdenza complementare: i rendimenti del capitale prima del raggiungimento della pensione subiscono una tassazione pari all’11%, mentre dopo la pensione subiscono una tassazione pari al 12,5%

Tassazione del Tfr liquidato
- Tfr in azienda: il lavoratore riceve un capitale soggetto ad una tassazione minima del 23%
- Previdenza complementare: il lavoratore riceve un capitale (pari al massimo al 50% del totale) che è tassato al 15% (sull’importo corrispondente ai contributi versati) ed è soggetto ad un meccanismo di riduzione. L’aliquota, quindi, diminuisce dello 0,3% annuo dopo 15 anni di versamenti ed è pari al 9% dopo 35 di versamenti.

Imposta sulle rendite
- Tfr in azienda: non dà luogo a rendite
- Previdenza complementare: la parte degli assegni mensili corrispondente ai contributi versati è soggetta ad un’imposta del 15% con meccanismo di riduzione.

Comporto


Conservazione del posto e trattamento economico

Il periodo di conservazione del posto di lavoro (detto comporto), differenziato in rapporto all'anzianita' di servizio, si calcola sommando diversi periodi di assenza effettuati nell'arco degli ultimi 36 mesi precedenti l'ultima malattia.

Il triennio costituisce in sostanza un riferimento mobile.


Il periodo di comporto si distingue in semplice e prolungato.


Tabella 1: Comporto semplice

Anzianita' aziendale Conservazione del posto Trattamento economico

Fino a tre anni 6 mesi 2 mesi al 100%

4 mesi al 50%

Da tre a sei anni 9 mesi 3 mesi al 100%

6 mesi al 50%

Oltre sei anni 12 mesi 4 mesi al 100%

8 mesi al 50%


Comporto prolungato

Questo costituisce una previsione di miglior favore circoscritta a specifii casi di malattie particolarmente gravi e continuative. I periodi sopraindicati, riferiti sia alla conservazione del posto di lavoro che alla relativa retribuzione, possono prolungarsi come specificato nella Tabella 2 se nel triennio intervengono i seguenti casi:

1) una malattia continuativa con assenza ininterrotta o interrotta da un'unica ripresa del lavoro per un periodo non superiore a due mesi, che abbia comportato il superamento dei 6, 9 o 12 mesi,;

2) almeno due malattie comportanti ciascuna un'assenza continuativa pari o superiore a tre mesi;

3) dal primo Ottobre 1999 il prolungamento del periodo di comporto si realizza anche quando il superamento del comporto breve risulti determinato da una malattia continuativa in corso, di durata complessivamente pari o superiore a tre mesi (che puo' essere attestata da uno o piu' certificati medici in possesso del datore di lavoro all'atto del suddetto superamento).


Tabella 2: Comporto prolungato

Anzianita' aziendale Conservazione del posto Trattamento economico

Fino a tre anni (6+ 3) 9 mesi 3 mesi al 100%

6 mesi al 50%

Da tre a sei anni (9+4,5) 13,5 mesi 4,5 mesi al 100%

9 mesi al 50%

Oltre sei anni (12+6) 18 mesi 6 mesi al 100%

12 mesi al 50%


Esaurito il periodo di conservazione del posto di lavoro, il lavoratore puo' richiedere per iscritto un'aspettativa non retribuita di durata massima di 4 mesi, rinnovabile fino a un massimo di 18 mesi continuativi complessivi, previa richiesta scritta e periodica certificando all'azienda la condizione di malattia grave.


Ricovero ospedaliero e/o malattie superiori a 21 giorni

In caso di eventi continuativi di ricovero ospedaliero e/o di malattia lunga, é stato introdotto un regime di bonus che riconosce a tali eventi l'intera retribuzione globale escludendoli, nel contempo, dal computo delle fasce mensili di retribuzione nei limiti dei tetti massimi di seguito riportati:


Tabella 3

Anzianita'

aziendale Ricovero ospedaliero superiore a 21 giorni

(fino a un massimo di) Malattia superiore a 21 giorni

(fino a un massimo di)

Fino a tre anni 60 gg. 60 gg.

Da tre a sei anni 75 gg. 75 gg.

Oltre sei anni 90 gg. 90 gg.


In ogni caso il tetto massimo raggiungibile per gli eventi unitariamente considerati, non puo' superare i 120 giorni.


Malattie brevi

Ai soli fini del trattamento economico le assenze per malattia successive alla settima di durata pari o inferiore a 5 giorni di calendario verranno conteggiate in misura doppia.

Sono escluse le assenze dovute a ricoveri ospedalieri o a trattamenti terapeutici (emodialisi, morbo di Cooley, neoplasie) effettuati presso enti ospedalieri o debitamente certificati.


Aspettativa e assenze

determinate da gravi patologie comportanti terapie salvavita

Una delle modifiche definite dal rinnovo dell'8 giugno 1999 riguarda la fruizione del periodo di aspettativa di durata non superiore a 18 mesi complessivi, riconosciuta con decorrenza primo ottobre 1999 , in caso di assenze determinate da patologie gravi che richiedano terapie salvavita (esempio, trattamenti chemioterapici, di emodialisi etc.)

In questi casi viene riconosciuta al lavoratore, al superamento del periodo di conservazione del posto di lavoro, la possibilita' di fruire dell'aspettativa anche in modo frazionato, per effettuare i trattamenti terapeutici necessari e, quindi, riprendere servizio al termine degli stessi. Il lavoratore per poter usufruire di tale trattamento dovra' presentare l'opportuna documentazione attestante le suddette gravi patologie.

ilTempo.it il sito internet del quotidiano IL TEMPO

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Scuola Diaz, intercettazioni: "Speriamo che muoiano tutti" - Pupia.Tv - La TUA Informazione

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